Nell’Italia che si avvia all’inverno demografico esplodono tutte le contraddizioni della vecchia Europa. Sulla carta l’Italia è la terza economia nella Ue per peso sul Pil della spesa in welfare. Ma nella realtà, come emerso con l’emergenza pandemica, i servizi e la loro qualità subiscono un calo progressivo. E buona parte della spesa è assorbita dalla previdenza. Il risultato è che, come stimato da un report di Confartigianato, a fronte di 17,07 euro destinati a sanità e pensioni per gli anziani, soltanto un euro va alle famiglie e ai giovani. Che si arrangiano come possono (o non possono).
Un fondo da 6,2 milioni di euro
Intanto si moltiplicano i servizi privati e l’economia delle piattaforme digitali. Ci crede anche Cassa Depositi e Prestiti che ha inserito il welfare tra i 20 programmi di accelerazione, sostenendolo con il fondo Personae – una dotazione di 6,2 milioni di euro – assieme a Fondazione Italiana Accenture e SocialFare Seed e aImpact. Questi ultimi mettono a disposizione i rispettivi acceleratori SocialFare, centro di innovazione sociale, incubatore certificato Mise e ACube della milanese Avanzi. Ciascuna delle sette start up selezionate – a fronte di 183 candidature – è stata accompagnata dal programma di accelerazione e 100mila euro di covertendo. «Il welfare è una delle principali sfide a impatto sociale del paese e rappresenta anche un mercato. La spesa privata delle famiglie italiane in welfare ammonta a circa 140 miliardi di euro. La società è cambiata e con essa sono mutati i bisogni. Per dare risposta c’è bisogno di innovazione e di capitali di rischio. C’è spazio quindi per imprese che intenzionalmente investano per un impatto positivo e che incorporino il digitale» spiega Laura Orestano, amministratrice delegata di SocialFare. Peraltro «la nostra grande scommessa è fare un volto sano, utile alla finanza. Il nostro intento non è far nascere degli unicorni, ma trovare soluzioni che rispondano a fabbisogni sociali – spiega Matteo Bartolomeo, amministratore delegato di ACube e AImpact – L’area dei bisogni è enormi. Basti pensare che il 10% delle persone over 65 nei prossimi 3 anni dovrà avere assistenza domiciliare. Ma cosa succederà quanto le risorse Pnrr saranno esaurite? Servono soluzioni sostenibili e durevoli».
In arrivo la seconda call
La prima tornata di start up è stata valutata in modo positivo, anche dagli investitori che si stanno avvicinando alle realtà più intraprendenti. «Per la seconda call (sarà lanciata entro la prima metà di luglio ndr.) ci aspettiamo un maggior affinamento delle proposte sia in termini di innovazione tecnologica sia in termini di copertura delle diverse aree di welfare» aggiunge Orestano che guida anche SocialFare Seed, accelerando sinora 30 start up con una exit come Unobravo, a seguito di un round da 17 milioni a favore del servizio online di psicologia.
I punti deboli dei modelli di business
Tra i partner di Personae c’è anche la Fondazione Social Venture Giordano dell’Amore, specializzata in investimenti a impatto sociale. L’ente, supportato da Fondazione Cariplo, ha 54 investimenti diretti deliberati per un totale di 12,2 milioni di euro di cui quasi la metà in ambito welfare con start up come Vivavoce e WiMonitor. Inoltre la fondazione ha maturato esperienza nel settore attraverso GetIt, programma che unisce capacity building e offerta di capitale in collaborazione con 15 acceleratori. «In questi anni abbiamo ricevuto proposte da parte di circa mille start up, di cui circa 300 nel welfare. Di queste 15 hanno partecipato a percorsi di incubazione. Ebbene alla fine abbiamo investito in sole 4 start up – spiega Marco Gerevini, consigliere di amministrazione – I modelli di business erano fragili, con idee poco realizzabili. Inoltre spesso è difficile trovare accordo con i promotori che hanno aspettative di valore molto alte».
Open innovation per le imprese sociali
Nonostante i punti di debolezza, che i tempi del welfare tech siano maturi è testimoniato dai segnali del mondo della cooperazione sociale. Cgm ha appena lanciato Human Tech, programma di open innovation e accelerazione condotto assieme a Entopan. L’idea è stimolare le imprese sociali – 450 solo quelle associate al consorzio – e accompagnarle «favorendo la nascita di PoC (proof of concept) da scalare per fornire risposte nuove ai bisogni sociali tradizionali e a quelli emergenti». Un’iniziativa auspicabilmente sulle orme di un neomutualismo che riconfigura lo spazio tra stato e mercato, come raccontato dall’economista Paolo Venturi e il sociologo Flaviano Zandonai nell’omonimo libro (pubblicato da Egea): «Sull’onda di un nuovo attivismo e di trasformazioni in atto lungo i confini sempre più porosi dell’economia sociale e del terzo settore, il neomutualismo agisce, a differenza del passato, non per costruire nicchie al riparo dai fallimenti delle istituzioni tradizionali ma per generare impatto sociale dalle principali trasformazioni socio-tecnologiche, in modo che politica ed economia si rifondino intorno a un nuovo terzo pilastro comunitario».