Fabbriche abbandonate, porzioni di verde lasciate andare all’incuria, edifici civili vuoti usati come riparo di fortuna. La città ha i suoi spazi di scarto, che con gli anni cedono al degrado, a vantaggio delle nuove costruzioni, accentuando il consumo di suolo. Oppure diventano oggetto di speculazione immobiliare, contribuendo così il fenomeno della gentifricazione, il rinnovamento veloce di interi quartieri con innalzamento dei prezzi che induce il trasferimento altrove della popolazione meno abbiente.
Negli anni amministrazioni locali o privati hanno pensato nuove destinazioni, con progettualità calate dall’alto, che spesso non hanno funzionato. Oggi, grazie all’esperienza maturata dagli urbanisti in Francia, si sperimenta in Italia l’approccio del riuso transitorio che si basa su due punti fermi. Innanzitutto, le funzioni (servizi, commercio, ludico-ricreativo) che nella contemporaneità si mescolano spesso tra loro, non possono essere definite a tavolino dai city maker: è indispensabile l’ascolto delle persone, dei cittadini, delle comunità e dei loro molteplici bisogni. In secondo luogo «si procede per test, si fanno degli esperimenti prima investire significative risorse – spiega Paolo Cottino che guida KCity, società di rigenerazione urbana – In questo modo si contiene la gentrificazione perché si fanno degli impatti l’oggetto del progetto, ribaltando la logica tradizionale di fare dei progetti e poi vederne gli impatti, e se sono negativi correre ai ripari».
Un risparmio tra il 35% e il 65%
I test si fanno su una porzione di spazio ridotta (dal 15 al 30% ) rispetto alla superficie complessiva,ma hanno valore predittivo rispetto al successo dell’operazione. «Oggi, alla luce di nostre misurazioni operative, si arriva a stimare che l’efficacia del riuso transitorio (in termini di riduzione degli errori, di sperimentazioni di soluzioni, di ingaggio di nuovi attori e/o clienti) permette di risparmiare dal 35 al 65% di capitali investiti rispetto a un approccio tradizionale – spiega Giovanni Campagnoli, fondatore di Riusiamo l’Italia – Il risparmio è proporzionale alla superficie degli spazi: l’approccio graduale per test su aree di oltre 20mila metri quadrati (ex caserme, ospedali, aree industriali) permette un risparmio del 65%, mentre su superfici più contenute, al di sotto di 500 metri quadrati, si arriva comunque al 35 per cento».
Monitoraggio con 225 indicatori
Ora un banco di prova importante è il progetto «Spazi in trasformazione», bando di Fondazione Cariplo (ha stanziato 3,5 milioni) che con la collaborazione tecnica di KCity (e Fondazione Riusiamo l’Italia, per la formazione) vuole sostenere processi di riuso per sperimentare nuove funzioni culturali e restituire alla fruizione delle comunità. Su quasi 4.800 metri quadrati distribuiti in tre città grandi (Milano, Brescia, Bergamo), quattro medie e in tre paesi si stanno sperimentando nuove funzionalità, dai community hub a spazi espositivi, dai centri culturali a scuole aperte. Ogni progetto mette in gioco spazi diversi per superficie, tipologia (tre su 11 sono sottoposti a tutela in quanto di interesse storico e artistico). Tra i promotori troviamo un ente pubblico, cinque fondazioni e imprese sociali e altrettante e tra associazioni, cooperative e consorzi di cooperative sociali. I 13 temi messi in campo (dal protagonismo giovani al coinvolgimento delle scuole) vengono monitorati periodicamente con 225 indicatori complessivi, sia qualitativi che quantitativi. informazioni utili per criteri di adeguatezza degli spazi e degli allestimenti, efficacia del modello gestionale e di governance, risposta delle comunità e dimensione relazionale, sostenibilità economica, successo di nuovi servizi. Così a Vione, un piccolo paese di montagna nella Alta Valle Camonica, partendo dalla canonica e da un ex scuola-sede del Museo etnografico LZuf si immagine una rinascita socio-economica della comunità a rischio spopolamento puntando su un’offerta di servizi legati all’ospitalità, al commercio e alla formazione. O ancora, a Bergamo all’interno del Monastero del Carmine di proprietà pubblica si sta pensando a uno spazio ibrido, entro cui all’attività di produzione culturale di alto profilo attuale (Teatro Tascabile) si integrano attività e funzioni in grado di incrementarne l’attrattività e di generare flussi economici utili alla sostenibilità complessiva.
L’esperienza francese
L’approccio del riuso transitorio viene dalla Francia dove tra il 2011 e il 2021, nella sola Ile de France, sono stati sostenuti 227 progetti. Così per esempio l’antico ospedale Saint Vincent de Paul di Parigi ospita oggi Les Grands Voisins: su 3,5 ettari convivono imprenditori, artisti, inquilini di alloggi di emergenza. E ancora a Pantin dentro all’ampio ecosistema di attori de “La Cité Fertile”, un incubatore accompagna start up sul tema dell’ecologia, a Paris 11 l’Espace Voltaire ospita start up sull’upcycling e sulla moda sostenibile mentre a Rennes Hotel Pasteur è un edulab con iniziative innovative legate all’educazione e al digitale per bambini e giovani.