Come molte leggende ha mille versioni: c’è chi dice che il melograno evocato nel toponimo «Varano de’ Melegari» sia arrivato nel paese parmense tramite un monaco, per poi finire nel giardino di una famiglia nobiliare della zona. C’è chi invece racconta che sia salito sull’appennino emiliano con Annibale nel suo viaggio verso Roma. Qualunque ne sia l’origine, il frutto rosso è simbolo di fertilità e buon auspicio. Ed è stato scelto per un bene comune, Il Parco dei Melograni, inaugurato nei mesi scorsi con una grande festa di tutto il paese e i suoi 2.500 abitanti.

«Ognuno di noi è come un chicco di melograno, al tempo stesso singolo e inseparabile dagli altri» è la dichiarazione di intenti della Fondazione Dallara, promotrice dell’iniziativa. Potrebbe sembrare un facile slogan se non fosse che questo risultato – un parco urbano a disposizione del paese – è frutto di un intento e di un processo chiari e voluti: il parco è stato letteralmente pensato e costruito dai cittadini. Le persone sono state guidate in un lungo percorso – con l’accompagnamento della milanese KCity – di incontri, di workshop, di riunioni per discutere cosa fosse meglio fare in quell’area e come.

Le funzioni individuate dalla comunità locale

Un approccio che si ispira al riuso transitorio. «Le funzioni sono state individuate dalle persone sulla base delle esigenze della comunità locale, durante il percorso si sono trasformate e in futuro cambieranno ancora. È un cantiere aperto secondo gli usi della comunità, anche quelli inaspettati» spiega Angelica Dallara, vicepresidente della Fondazione Dallara, che cercava una sede per le sue attività di utilità sociale.

Oggi nel parco ci sono già alcune infrastrutture costruite dai volontari come l’anfiteatro in legno che ospita una rassegna culturale, oltre che gli orti sociali anche a disposizione delle scuole, uno spazio allestito per il relax e il gioco.

Per il futuro è in programma un campo multifunzione sportivo e circuiti a ostacoli per i bambini mentre sarà sistemato anche l’edificio che sarà la sede della fondazione. «Di fatto il parco rappresenta un luogo di aggregazione della comunità che mancava in paese e del quale la comunità stessa si prende cura e che vive come luogo di condivisione e relazione. Penso non solo alle persone nate qui ma anche alle tante arrivate per lavorare» spiega Dallara.



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