Concentrazione di lunga durata, capacità di prendere decisioni sotto pressione, analisi di stimoli visivi, uditivi e di dati in pochi istanti, tempi di reazione brevissimi e calcolo del rischio. Sono le caratteristiche che hanno portato nel 2016 Nico Rosberg a vincere il mondiale piloti di Formula 1. Che il cervello dei piloti abbia caratteristiche non comuni, come quello degli astronauti, è provato da diversi studi scientifici e Rosberg, una volta uscito dal mondo delle corse, ha deciso di impiegarlo in un altro contesto veloce, rischioso e adrenalinico, quello degli investimenti in innovazione tecnologica.

I primi passi da business angel

L’interesse per gli investimenti in start up è cominciato già otto anni fa, quando l’ex campione ha partecipato alle prime operazioni come business angel, per arrivare poi a collezionare un portafoglio di oltre 35 investimenti tra Europa e Stati Uniti. Tra le altre operazioni conta al suo attivo l’aver partecipato a round di Applied Intuition, fornitore di software per veicoli per i settori automobilistico, degli autotrasporti, dell’edilizia, minerario, agricolo, che nel marzo scorso ha chiuso un round di finanziamento di serie E da 250 milioni di dollari per una valutazione della società di 6 miliardi di dollari. O anche Space X di Elon Musk e la piattaforma di ricarica di auto elettriche ChargePoint, entrando così nel novero di quanti frequentano le principali società di venture capital della Silicon Valley.

La nascita di Rosberg Venture

Una rete di relazione che ha messo poi a disposizione della società che ha fondato con l’amico d’infanzia Francesco Sama, forte di un passato nel private banking. In soli due anni Rosberg Ventures raggiunge ora il traguardo di 100 milioni di dollari in asset in gestione, grazie alla chiusura del secondo fondo di fondi da 78 milioni di dollari, raccolti da famiglie imprenditoriali italiane e tedesche. Il secondo fondo arriva a solo un anno di distanza dal primo, che aveva chiuso nel 2023 a 22 milioni di dollari ed è stato totalmente investito.

«Per un’efficiente gestione di un patrimonio bisognerebbe investire una quota dei propri capitali nel miglior venture mondiale sul modello di quanto ha fatto negli ultimi 40 anni l’università di Yale. Ho deciso di seguire quell’esempio, ma il mondo del venture è molto piccolo e la crescita viene catturata da pochi player, così è opportuno andare a investire in quei fondi e per farlo serve una massa critica. Abbiamo, quindi, pensato di riunire le famiglie più facoltose di Germania e Italia per raccogliere fondi» racconta Nico Rosberg, che tiene a portata di mano il libro di David Swensen, chief investment officer di Yale dal 1985 fino alla sua morte nel 2021.

Imprenditori-investitori

Un mondo chiuso, quello dei venture capital americani, a cui lui ha accesso per la passione che in molti condividono per la Formula 1. «E’ molto difficile avere accesso ai migliori fondi, bisogna portare un valore aggiunto. Nel mio caso è la Formula 1 perché sono tutti appassionati di questo sport, ma poi si inizia a parlare di business e devo fare uno step ulteriore. Allora porto un angolo strategico particolare: le maggiori famiglie imprenditoriali tedesche ed italiane che possono creare legami e partnership con le start up in cui i venture capital investono. Le famiglie non solo hanno il vantaggio del rendimento sul capitale, quindi, ma hanno anche un valore aggiunto dal punto di vista industriale, perché abbiamo accesso a portafogli di investimenti variegati e all’avanguardia. I fondi vc, invece, hanno la possibilità di presentare alle start up potenziali clienti europei importanti, che siglando contratti possono aumentare i ricavi delle società. Si tratta di una win-win situazion» spiega Rosberg raggiunto dal Sole 24 Ore durante un viaggio a Singapore.



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