Dalla ricerca scientifica alle tecnologie ad alto impatto: questo uno dei possibili “claim” del Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI) andato in scena il 5 e 6 dicembre all’Università di Roma Tor Vergata e organizzato dall’ateneo capitolino in collaborazione con la Rete PNICube nell’ambito dell’Ecosistema dell’innovazione della Regione Lazio “Rome Technopole”. Quella che viene definita una “Coppa Campioni” tra startup ad elevato potenziale di innovazione nate in seno alle università e agli enti di ricerca italiani è una rassegna che in 22 anni di vita (compresa l’edizione di quest’anno) ha generato oltre 1.150 progetti (oltre 50 l’anno in media sono categorizzabili come “deep tech”) coltivando l’obiettivo di diffondere la cultura d’impresa nel sistema della ricerca e creare un ponte tra il mondo accademico e quello industriale. Nelle ultime quattro edizioni del PNI, più precisamente, sono state oltre 2.900 le idee di impresa innovativa che hanno partecipato alle 17 competizioni regionali (le cosiddette “Start Cup”), 56 gli atenei e gli enti di ricerca scesi in campo e più di 9mila gli aspiranti imprenditori coinvolti. “La finale del PNI è stata ancora una volta un momento di confronto e crescita per tutto l’ecosistema dell’innovazione italiana – ha commentato la Presidente PNICube, Paola M.A. Paniccia, Delegata allo Sviluppo delle Imprese, Start-up e Spin-off per l’Università di Roma Tor Vergata – e tutti i progetti presentati sono la testimonianza concreta di come talento, ricerca, imprenditorialità e sostenibilità, se adeguatamente sostenuti e valorizzati, possano convergere per dare risposta alle grandi sfide e ai bisogni di sostenibilità della società e del pianeta”.

Chi sono le startup premiate

Alla due giorni conclusiva della “business plan competition” sono state ammesse 77 startup finaliste, rappresentate da oltre 300 fra ricercatori e ricercatrici da una giuria composta da esponenti del mondo imprenditoriale, della ricerca e del venture capital sulla base di criteri come valore del contenuto tecnologico o di conoscenza, realizzabilità tecnica e potenzialità di sviluppo, adeguatezza delle competenze del team, attrattività per il mercato. I quattro premi settoriali dal valore di 25mila euro ciascuno – riferiti alle categorie Life Sciences-MedTech (che ha catalizzato il 30% dei progetti in gara), Cleantech & Energy, Industrial e ICT – sono andati a B-Me (Start Cup Puglia), Efeso (Lombardia), Deplotic e Inflant (Piemonte e Valle d’Aosta), con quest’ultima eletta vincitore assoluto del PNI 2024. Il premio Speciale “Imprenditoria Femminile”, promosso da Invitalia in collaborazione con OSIF-Osservatorio Scientifico Imprese Femminili, per le migliori startup innovative femminili dalla ricerca è stato invece assegnato a U-Climat (Start Cup Lazio), Food Life Next (Start Cup Udine) e Glutensense (Start Cup Lombardia).

Le molecole curative di Inflant

L’ambito di azione di Inflant, a cui è andata la vittoria nella categoria Life Sciences-Medtech, è il miglioramento della salute delle persone e nello specifico dei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa), per cui è stata sviluppata una soluzione terapeutica, accessibile e scalabile, capace di migliorare significativamente la loro vita e di ridurre i costi per il sistema sanitario. La startup, che nasce dall’unione di due team di ricerca provenienti dalle Università di Torino e di Pisa ed è supportata dall’incubatore 2i3T di UniTo, ha dato vita – al termine di un percorso di sviluppo durato dieci anni – a una molecola innovativa in grado di inibire selettivamente la proteina infiammatoria NLRP3 direttamente nell’intestino, con l’obiettivo di ridurre l’infiammazione con un minore rischio di effetti collaterali rispetto ai trattamenti attuali. Secondo le stime, entro il 2030 oltre 10 milioni di persone nel mondo saranno colpite da queste malattie (che danneggiano la barriera intestinale, con il rischio di estendersi ad altri organi, contribuendo all’insorgenza di patologie accessorie come l’Alzheimer) e il 30% dei nuovi casi riguarderà giovani al di sotto dei 20 anni. La costituzione ufficiale dell’azienda è imminente e l’intento dichiarato del Ceo e co-founder Massimo Bertinaria è quello “di completare entro i prossimi tre anni gli studi preclinici e di avviare successivamente i test clinici sull’uomo”.

A Efeso il premio per i chip del futuro

Tecnologie dell’informazione e dei nuovi media: questo il settore di attività della startup lombarda, il cui obiettivo è portare sul mercato dispositivi elettronici a bassissimo consumo energetico per un mondo più verde. Lo scenario nel quale Efeso vuole portare innovazione “deep tech” è proiettato al 2050, quando le tecnologie Ict consumeranno oltre il 50% dell’energia globale rispetto a una tendenza considerata sin d’ora insostenibile. La crescente domanda di potenza di calcolo richiede infatti sempre più transistor, ma il processo di miniaturizzazione sta raggiungendo i suoi limiti fisici, creando sfide assai complesse per lo sviluppo dei semiconduttori del futuro. I grandi player del settore sono quindi in cerca di soluzioni per integrare memoria e Cpu e in tal senso, come spiega il Ceo Federico Fagiani, “il progetto Efeso sfrutta un materiale innovativo che unisce proprietà fisiche uniche in un solo semiconduttore e propone una nuova generazione di device ultra-efficienti dal punto di vista energetico, andando oltre il paradigma dei transistor attuali.” Il singolo materiale utilizzato, come spiegano i diretti interessati, è compatibile con la tecnologia al silicio così da non stravolgere le linee produttive delle grandi industrie, realizzando al contempo chip più piccoli ed efficienti per affrontare i consumi non più sostenibili delle tecnologie digitali odierne.

I robot retrattili di Deplotic per rendere più efficienti i satelliti

Una tecnologia che rivoluziona la manutenzione satellitare in orbita con manipolatori robotici retrattili e proietta le missioni spaziali in una sfera di maggiore sostenibilità ed efficienza. Questo, in estrema sintesi, il motivo che ha permesso a Deplotic di aggiudicarsi il Premio nella categoria Industrial e che trova nello sviluppo di IDRA, un braccio robotico dispiegabile che permette ai satelliti di medie-grandi dimensioni di effettuare operazioni di auto-manutenzione direttamente in orbita, e di rispondere alla crescente esigenza di estendere la vita operativa dei satelliti stessi, in tempi brevi e senza onerosi interventi esterni. IDRA, spiegano i suoi creatori, sfrutta materiali avanzati come il Kevlar e il Vectran, noti per la resistenza a temperature estreme e per le ottime prestazioni meccaniche, ed è composto da link gonfiabili che si comprimono durante il lancio, ottimizzando lo spazio a bordo, per poi dispiegarsi una volta in orbita, offrendo un’ampia area di lavoro. “Questo manipolatore robotico – ha precisato in proposito il Ceo della startup, Pierpaolo Palmieri – è in grado di ispezionare, manutenere e riparare diverse componenti fornendo così un notevole contributo alla riduzione di costi e l’impatto ambientale delle operazioni spaziali”. L’obiettivo di Deplotic è di inserirsi in un mercato strategico e in rapida crescita quale quello dell’On-Orbit Servicing, un settore che punta a migliorare la sostenibilità dei sistemi spaziali, affrontando al contempo la crescente domanda di servizi satellitari innovativi.



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