Jp Morgan ha creato più di cinque anni fa Jpm Coin, la stablecoin per agevolare i sistemi di pagamento, Citi ha introdotto una piattaforma integrata per digital asset, Hsbc e Ubs stanno lavorando in questo. In Europa Société Générale ha lanciato la prima stablecoin legata all’euro e Caceis, controllata da Crédit Agricole, offre un’intera business line dedicata ai digital asset, mentre in Italia Cdp ha emesso lo scorso anno un primo bond digitale, interamente sottoscritto da Intesa Sanpaolo.

Le linee guida

Ora, dietro BlackRock e Franklin Templeton, è il mondo del risparmio gestito italiano a muoversi con decisione sulla strada della tokenizzazione dei fondi.

Giusto un anno fa Assogestioni ha messo a punto, insieme a PwC e all’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, le linee guida per “Fondi italiani digitali” candidandosi a fare da pivot di sistema per la transizione verso il digitale.

«La finanza tradizionale sta traghettando verso il nuovo mondo: la tokenizzazione è pronta al decollo perché è ormai chiaro che il vero valore è on-chain, sui registri distribuiti della blockchain», sintetizza Stefano Rossi, senior manager di PwC, nel corso di un seminario riservato di Assogestioni: oggi i digital asset hanno un valore complessivo pari a poco più di tre trilioni di dollari, una frazione di una finanza globale che vale più di cento trilioni. Ma le stime indicano che la finanza su blockchain possa arrivare fino a 15 trilioni. Liquidità, bond e fondi sono le asset class candidate alla trasformazione per la gestione su blockchain.

«Per il momento le ipotesi sono limitate ai fondi che emettono quote tokenizzate, ma è evidente che il massimo dell’efficienza si otterrà quando gli stessi fondi investiranno in digital asset», sottolinea Roberta D’Apice, direttore Affari legali di Assogestioni.



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