Una location d’eccezione (gli IBM Studios di Piazza Gae Aulenti a Milano), un variegato e autorevole panel di rappresentanti del mondo istituzionale, imprenditoriale e accademico e sul tavolo il tema del momento: l’intelligenza artificiale. Alla “Reunion 2024” organizzata da Fondazione Nova ed United Ventures, si è parlato in particolare di “artificial humanism” e di come sia possibile (oltre che necessario) garantire che l’innovazione tecnologica sia guidata da valori e alimentata da una nuova generazione di talenti. Fra keynote speech e momenti di networking, si è entrati nel merito di come l’AI, l’informatica quantistica e altre soluzioni digitali emergenti stiano ridefinendo i paradigmi del processo di crescita e di trasformazione, del futuro degli investimenti in tecnologia e di quali siano le direttrici da seguire per formare e attrarre i professionisti capaci di guidare questa trasformazione. Il tutto nel solco di una coesistenza fra tecnologia e umanità che può – e deve essere – non solo possibile ma anche sostenibile.

La ricetta: merito, mentorship e apprendimento non convenzionale

La domanda dalla quale partire è la seguente: in che modo i leader di oggi e di domani possono governare l’innovazione e cogliere le opportunità offerte da tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale? Le soluzioni proposte da Fondazione Nova, forte dell’esperienza maturata dal 2022 a oggi (dopo la “fusione” fra i network dell’Associazione Italiana MBA Nova e Mentors4u) e dall’essere una community che raccoglie circa 5.000 talenti italiani e oltre 1.650 mentor che mettono a disposizione gratuitamente il loro tempo, sono assai ben definite. Si parte, in primis, dall’obiettivo strategico di formare talenti flessibili, e quindi dall’incentivare percorsi di apprendimento meno specialistici e più trasversali e maggiormente orientati alla multidisciplinarietà, con l’intento di preparare i giovani ad abbracciare il cambiamento continuo. Il secondo pilatro di questa visione risponde al principio di favorire il merito. Per fare questo occorre creare un ecosistema favorevole all’attrazione di talenti internazionali, offrendo opportunità meritocratiche e un ambiente stimolante per menti innovative. Il terzo tassello che mette in campo Fondazione Nova è la promozione della mentorship, da perseguire diffondendo la cultura del mentoring e stimolando lo scambio intergenerazionale, con il fine ultimo di mettere a disposizione dei giovani una guida esperta per orientarsi nella crescita formativa e professionale. Infine, e torniamo alla componente più innovativa di questo approccio, ecco l’imperativo di incoraggiare percorsi non convenzionali per spingere i talenti ad esplorare esperienze professionali alternative, come per esempio l’entrare in una startup o avviarne una propria, e a coltivare la cultura imprenditoriale in contesti dinamici.

Formazione e ancora formazione

Secondo la ricerca “The Work We Want” della World Employment Confederation 2024, che ha interpellato 680 realtà della classifica Forbes Global 2000, oltre il 92% dei manager intervistati ritiene che occorrano risorse sempre più flessibili per poter gestire il cambiamento impresso dalle innovazioni. È partito da questi numeri, Tommaso Stefani, co-fondatore e Presidente di Fondazione NOVA e dell’Associazione Italiana MBA, per inquadrare lo scenario nel quale si cala il progetto di valorizzazione dei talenti che lo vede direttamente coinvolto. “Le innovazioni tecnologiche – ha sottolineato nel corso del suo intervento – hanno tassi di crescita esponenziali e sono sempre più disruptive, come l’intelligenza artificiale, che genera grande ottimismo per le sue potenzialità ma può anche disorientare. Diventa quindi sempre più prezioso per i giovani talenti essere accompagnati da un mentor che li aiuti a trovare indirizzi, approcci e chiavi di lettura flessibili e universali che solo l’esperienza vissuta del cambiamento riesce a dare”.

Ma perché in un Paese come il nostro, che invecchia rapidamente (la piramide demografica, secondo i dati Istat, ha raggiunto il rapporto record di un giovane ogni due anziani, c’è ancora poco cultura della mentorship? A precise domanda, la risposta di Stefani parte da lontano, dal dopoguerra, ripercorrendo la storia di un modello di educazione dei figli che da incentrato sulla disciplina è diventato protettivo, considerando (erroneamente) la concessione di qualsiasi richiesta come un reale aiuto a crescere. “Il risultato – questo l’assunto del numero uno di Fondazione NOVA – è una cultura che vede i giovani come persone inesperte, giovani per sempre che devono aspettare il loro turno e non risorse da valorizzare attraverso modelli meritocratici. Per questo motivo occorre passare dal conflitto alla relazione intergenerazionale e la mentorship, che noi alumni MBA abbiamo imparato nelle università americane e che stiamo promuovendo in Italia anche grazie al nostro algoritmo di matching, può costituire un ponte, un rapporto costruttivo, uno scambio di conoscenza tra persone con diversi livelli di esperienza”. L’intervento di Irene Boni, Ceo Global di Talent Garden e Alumna NOVA, ha invece richiamato l’attenzione sull’impatto delle nuove tecnologie, precisando come “la democratizzazione dell’AI generativa offre un’opportunità unica per accelerare e trasformare i processi di innovazione delle organizzazioni e mettere i talenti al centro”, e ha ricordato ai leader la sfida che hanno davanti, e cioè quella di maturare “la capacità di perdere il controllo delle decisioni di dettaglio per creare contesti di responsabilità diffusa” in uno scenario segnato dalla velocità del cambiamento tecnologico. Pensiero che ha rimarcato del resto anche Stefano Rebattoni, Presidente e Amministratore Delegato di IBM Italia, osservando come sia fondamentale, nel momento in cui l’AI generativa viene incorporata nella strategia aziendale, “che i leader sviluppino una mentalità e una cultura di impresa che favoriscano un’adozione consapevole e responsabile di questa tecnologia, guidando le persone attraverso il cambiamento e facendo leva su persone adeguatamente formate”.

La maturità dell’ecosistema dell’innovazione italiano

Anche Pietro Sella, Ceo dell’omonimo Gruppo, ha parlato di sfide da affrontare il relazione alla nuova fase di accelerazione che sta conoscendo il processo di trasformazione digitale grazie alla maggiore maturità dell’intelligenza artificiale. “La sfida principale – ha detto – è saper declinare l’innovazione in relazione al capitale umano dal quale di certo non possiamo prescindere per generare un impatto positivo sull’economia e sulla società nel suo complesso. L’AI, se ben sfruttata, apre nuove frontiere di sviluppo economico e sociale, inclusivo e sostenibile, offrendo ai giovani opportunità professionali e la possibilità di creare nuove idee imprenditoriali, ma questo richiede una forte evoluzione dei modelli di formazione e educazione”. Chi, infine, lavora nel mondo del capitale di rischio come Massimiliano Magrini, Founder e Managing Partner di United Ventures, ha invitato tutti alla riflessione, sempre attuale e necessaria, su come le startup tecnologiche possono offrire un nuovo paradigma di crescita in un mondo in continua evoluzione. Ma l’ecosistema italiano dell’innovazione è finalmente arrivato alla fase di maturità, premiando quelle nuove imprese che sanno veramente uscire dagli schemi per generare valore per il business e la società? “Ha compiuto passi da gigante, raggiungendo un punto di svolta cruciale, acquisendo una struttura solida che promette di durare nel tempo, pur richiedendo ulteriori sforzi per consolidarsi e rafforzarsi in tutte le sue componenti”, ha spiegato Magrini, rimarcando anche come l’Italia, nell’ultimo decennio, abbia dimostrato di possedere tutti gli elementi necessari per competere a livello internazionale, confermando la bontà della scommessa iniziale sulla fattibilità del venture capital nel nostro Paese e innescando un circolo virtuoso che ha garantito l’afflusso di capitali esteri e alimentato ulteriori investimenti. Manca però ancora un tassello, e secondo il fondatore di United Ventures “sono i grandi aggregatori e consolidatori di innovazione, motivo per cui l’Italia, e più in generale l’Europa, sono grandi esportatori di tecnologia”. E se l’idea del venture capital come elemento chiave della politica industriale necessita ancora di piena attuazione, un ulteriore aspetto cruciale da sviluppare, infine, è l’interconnessione tra ecosistemi per favorire il dialogo e lo scambio. “Come in un sistema di vasi comunicanti – ha concluso infatti Magrini – un ecosistema poco capitalizzato rischia di perdere terreno, ed è quindi essenziale continuare a creare massa critica per valorizzare al meglio il talento imprenditoriale italiano”.



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