È come avere una macchina del tempo. Gli archeologi della Lund University in Svezia hanno fatto un salto temporale di quasi duemila anni, dai giorni nostri ad una dimora pompeiana. I ricercatori – tra cui gli italiani Danilo Marco Campanaro e Giacomo Landeschi – hanno ricostruito virtualmente un’antica casa a Pompei. Obiettivo: comprendere le motivazioni dei progettisti romani e le pratiche architettoniche grazie a droni, visori, dispositivi tattili e scanner laser. Un modo per decodificare le relazioni espressione di potere di quella comunità. Siamo nella Casa degli Epigrammi: la domus, alta due piani, era la residenza di un’importante famiglia patrizia e gli scavi hanno portato alla luce 160 manufatti tra cui gioielli, lampade in bronzo e argilla e un set di argenteria. Ma c’è di più. Con la tecnologia applicata ai movimenti liberi nello spazio, i ricercatori hanno studiato il design della casa con la tecnologia eye-tracking, simulando il movimento degli occhi. «Abbiamo dimostrato come il proprietario stimolasse i sensi del visitatore trasmettendo la sua ricchezza, utilizzando pareti angolate e pavimenti rialzati per far sembrare più grandi gli interni», affermano Landeschi e Campanaro.

Dimensione ibrida

Benvenuti nel tempo segnato dalla realtà spaziale o mixed reality. Un concetto ibrido rispetto al passato che libera i movimenti degli utenti in una pluralità di situazioni ricostruite grazie alla tecnologia. Così se fino a poco tempo fa avevamo esplorato la realtà virtuale o quella aumentata, ora siamo nella dimensione ibrida. «È la nuova frontiera dell’interazione umana dove l’ambiente fisico e digitale convergono. Grazie alla convergenza e alla combinazione di intelligenza artificiale, blockchain e mixed reality si crea un contesto in cui il virtuale si intreccia al reale senza limiti di continuità. Le persone possono vivere esperienze immersive e integrate con il digitale che si materializza nello spazio fisico», afferma Fabio Lalli, autore del libro “Spatial Shift”, in libreria per Egea, casa editrice dell’Università Bocconi. In ballo una presenza umana aumentata e svincolata dalla tecnologia rispetto al passato. «Gli attuali visori dotati di camere e intelligenza artificiale e le lenti smart sono in grado di rilevare gesti e voci: questi elementi trasformeranno l’interazione in un’esperienza più naturale e fluida. Ma non solo: l’interazione spaziale si sposterà “out-of-screen”, permettendo un accesso a informazioni e funzionalità visibili nell’ambiente e in grado di influenzare di conseguenza le informazioni aumentate», precisa Lalli.

Sembra la visione di un mondo distopico, ma queste lenti smart presto simuleranno lavori, i gesti tech della mano daranno movimento agli oggetti e le voci sintetiche moltiplicheranno le interazioni: la tecnologia abiterà nell’ambiente e di riflesso uscirà dagli schermi conquistando nuove dimensioni, abbandonando tastiera, mouse e persino le funzioni touch.

Un mercato da 36 miliardi in otto anni

Il mercato globale della realtà mista è stato valutato 2,8 miliardi di dollari e si prevede che crescerà del +45% anno su anno fino al 2033. Il mercato globale dei visori per realtà mista nei prossimi otto anni si stima che arriverà a 36,4 miliardi di dollari. A guidare questo nuovo paradigma ci sono gli Stati Uniti, seguiti da Cina, Germania, Giappone e Francia. Lo certifica il nuovo rapporto “Making XR a reality” di Statista.

L’Italia non è nelle retrovie e si rafforza da una pluralità di start up che rappresentano una filiera di soluzioni low-tech, con alto impatto a fronte di investimenti più contenuti e parcellizzati. «I settori tecnologici, le piattaforme di social media, lo sport e l’intrattenimento sono tra i pionieri, seguiti da sanità, formazione e retail. Ma non è da sottovalutare il contributo delle grandi industrie produttive. Ogni realtà mira a creare esperienze più immersive e coinvolgenti, o più efficaci in termini di addestramento e operatività per i propri utenti. In questo contesto le realtà spaziali permettono alle aziende di reimmaginare il customer journey, di integrare ambienti digitali a spazi fisici e ai grandi processi produttivi e di ripensare il ruolo delle persone», dice Lalli.



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